Il processo decisionale accusa il colpo
Il premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman ha distinto tra due diversi sistemi coinvolti nel processo decisionale (Kahneman, 2003). Il primo sistema si basa su processi di elaborazione emotiva delle informazioni, che avvengono senza il controllo cosciente dell’individuo. Il secondo sistema si fonda invece su processi di elaborazione cognitiva delle informazioni, che avvengono sotto il controllo deliberato dell’individuo (Sanfey, Loewenstein, McClure & Cohen, 2006; Poletti, 2007).
Ma in che modo la tecnologia può influenzare il processo di decision making? E’ in primo luogo importante tenere a mente che, in quanto caratterizzato da plasticità neuronale, il cervello è in grado di modificarsi in base agli stimoli che riceve dall’ambiente esterno e che più lo stimolo viene ripetuto, più i collegamenti tra i neuroni saranno consolidati. Pertanto, essendo oggigiorno immersi in un contesto iper-digitalizzato, la maggior parte degli input che il nostro cervello riceve - e dai quali è costantemente stimolato - sono di tipo virtuale.
Oggi, la maggior parte della popolazione mondiale dispone di uno o più dispositivi tecnologici dai quali è sempre più sovrastimolata e abituata a lasciarsi guidare. Con l’avvento degli smartphone, la tecnologia è diventata “tascabile” e questo ha permesso un incremento nella frequenza con la quale ci si affida agli assistenti vocali virtuali del proprio cellulare (come ad esempio Siri) delegando loro la presa di decisione. Quando, ad esempio, viene chiesto a Siri “qual è il benzinaio più vicino a me”, essa risponderà repentinamente alla domanda tralasciando informazioni non richieste dell’utente ma che potrebbero avere un certo peso nella scelta: come ad esempio il prezzo del carburante. Il fatto di aver tutto a portata di mano e di essere abituati ad ottenere una risposta veloce e concisa ad ogni domanda, ha anche portato allo sviluppo di piattaforme sempre più rapide e facili da usare: esemplificativo, a tale riguardo, è l’utilizzo delle app. Esse, infatti, implementate con lo scopo di guidare sempre di più l’utente in ogni passaggio da compiere, si organizzano attorno a comandi specifici quali “clicca qui”, “seleziona opzione”, “vai avanti”. Se da un lato questo aspetto facilita notevolmente l’interazione con il digitale - soprattutto per chi ha meno dimestichezza con le nuove tecnologie - dall’altro lato tende ad indirizzare chi le sta utilizzando, limitando sempre di più il soggetto nelle possibilità di scelta. Abituarsi a ricevere costantemente rapidi comandi che veicolano l’azione successiva del soggetto potrebbe così facilitare un blocco del processo decisionale davanti alla mancanza di una guida esterna virtuale.
Questo problema potrebbe essere particolarmente evidente nella generazione dei nativi digitali che, fin dalla più tenera età, entrano in contatto con tale realtà. Infatti, sebbene la plasticità cerebrale sussista anche nell’età adulta, nei bambini, così come negli adolescenti, il tessuto cerebrale è particolarmente sensibile alle stimolazioni esterne. Pertanto, è lecito chiedersi se un utilizzo continuo di piattaforme digitali che veicolano fortemente le scelte dell’utente, possa influenzare la presa di decisione delle persone al di fuori dei contesti digitalizzati.
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