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Il Sintomo Psicosomatico



Il corpo (ha molto da dire, ma) non parla per metafore.

E' ormai risaputo che il corpo comunica dei messaggi attraverso sintomi e segni.

Sarebbe però un errore interpretarli facendo riferimento a una sorta di “dizionario dei significati”. Quando Freud e successivamente Groddeck introdussero l’interpretazione del sintomo somatico, infatti, la applicavano sempre in riferimento alla cornice narrativa portata dal paziente, e non facendo riferimento a qualcosa di preimpostato e universalmente valido. Il sintomo somatico, infatti, assume una valenza diversa per ogni paziente, in relazione alla rispettiva storia e soggettività. La diffusione del pensiero che possa esistere una corrispondenza esatta fra un sintomo corporeo e un suo significato nasce in realtà in seguito alla nascita del termine “malattie psicosomatiche” che negli anni ’70 faceva riferimento a sette malattie in particolare, le cosiddette “Holy Seven” (ipertensione essenziale, tireotossicosi, asma bronchiale, artrite reumatoide, ulcera peptica, colite ulcerosa e neurodermatite).

Il corpo di per sé si esprime, secondo R.M.Scognamiglio (2008), attraverso un codice “digitale” ( ON/OFF) e non attraverso il codice “analogico” delle metafore. Per questo motivo da oltre vent’anni, grazie al Modello di Psicosomatica Integrata, è possibile utilizzare diverse discipline per offrire un contesto narrativo anche a chi fa fatica a ricostruire l’origine dei propri sintomi e ad esprimere, o addirittura a percepire, i propri vissuti emotivi. Tutto questo all’interno di un percorso terapeutico unico e irripetibile, centrato sulla soggettività della persona.

I primi scritti sulla psicosomatica risalgono già a Freud e tanti sono stati, dopo di lui, gli autori che hanno posto la loro attenzione al sintomo somatico ma alla luce dell’evoluzione della disciplina non possiamo ridurre tutto alla mera interpretazione standard da dizionario. (R.M. Scognamiglio; Master Corpo e Emozioni Milano 2018)

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