Terapia del dolore: non è solo un fatto fisico
Negli ultimi 50 anni nuove scoperte hanno rivoluzionato la comprensione scientifica del funzionamento del dolore. La sua origine è ascrivibile a un insieme di fattori, di tipo biologico, psicologico e ambientale. Prima di entrare nell’argomento, è bene tuttavia precisare che, qualunque sia la causa del dolore provato, esso è reale ed esprime la sofferenza del paziente.
La funzione del dolore è quella di proteggere da un danno, ma la sua percezione è influenzata dal concetto che se ne ha, dal tipo di educazione ricevuta, dalla sensazione di essere supportati o da traumi passati che riemergono nell’esperienza attuale. Ansia, paura del peggioramento e frustrazione contribuiscono in maniera consistente alla percezione del dolore, in quanto i vissuti emotivi si giocano primariamente nel corpo, condividendo almeno in parte anche i circuiti neurobiologici del dolore. Inoltre l’esperienza algica può essere influenzata dallo stile di pensiero del soggetto, che potrebbe essere caratterizzato da distorsioni cognitive, tra cui ad esempio la catastrofizzazione, un meccanismo di difesa che porta ad anticipare gli eventi futuri e a pensare che il peggio accadrà sicuramente. In quest’ottica, un approccio al dolore cronico non può non considerare tutti i fattori emotivi, cognitivi e sociali implicati nell’esperienza dolorifica, richiedendo, di conseguenza, necessariamente un approccio interdisciplinare. Questo implica non solo il coinvolgimento di più figure professionali nella terapia del dolore, ma la condivisione di un modello di riferimento che consenta loro di mettere in comune le rispettive competenze.
Il dott. Alessandro Aloisi, docente a contratto all’interno del Master in Cure Palliative e Terapia del Dolore dell’Università Cattolica di Brescia, grazie alle sue competenze di Psicologo, Osteopata e Psicosomatologo, si occupa da anni di approfondire le interrelazioni fra varie discipline nella gestione del paziente con dolore cronico.
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